Il comune di Forni Avoltri

Forni Avoltri è un caratteristico paese di montagna, il più settentrionale del Friuli Venezia Giulia.
È situato al confine tra Veneto ed Austria, a nord di Rigolato e Prato Carnico, a nord-ovest di Paluzza.
Ha una superfice di 78,08 kmq ed è tra i più vasti della Carnia, ma comprende pochi centri abitati e attualmente ha una popolazione di circa 800 persone, con una densità di 9,6 abitanti per kmq.
Il primo documento su cui compare citato il nome del paese è un atto di donazione che risale al 778 d.c., ma è quasi certo che queste terre erano conosciute sin dalla preistoria perché numerosi sono i reperti paleolitici rinvenuti nella vallata.
È anche uno dei comuni più elevati della regione con i sui 900 metri s.l.m. e tra le vette che lo circondano domina con la sua altitudine di 2780 metri il monte Coglians, la cima più alta della regione.
La popolazione, circa ottocento abitanti, si raccoglie in cinque nuclei abitativi: il capoluogo, diviso dal torrente Degano, Forni (e) Avoltri e le frazioni di Frassenetto, Sigilletto e Collina. Il significato etimologico del nome Forni Avoltri è determinato dai forni (Fòr) di minerali che in passato servivano le miniere del monte Avanza da cui si estraevano ferro, argento e rame. Pare che la borgata di Avoltri sia più antica e che vi fossero collocati i forni, i forni di Avoltri appunto.
L'origine del nome Avoltri non è precisa ma si immagini derivi dalla sua posizione "oltre" l'acqua (ab ultra).
Forni Avoltri è la località di vacanza ideale per chi ama lo sport, la natura incontaminata, il silenzio, la pace dei luoghi, la tranquillità, gli aspetti culturali legati alle tradizioni paesane e la gastronomia curata.
Avventurarsi tra i boschi rigogliosi di frutti di bosco e funghi, passeggiare nei prati tra distese di fiori, muoversi all'aria aperta circondati da paesaggi incantevoli immersi tra la flora e la fauna è sicuramente un'esperienza memorabile che rimane negli occhi e nel cuore.

La storia

Forni Avoltri è una zona troppo piccola per essere caratterizzata da una storia propria, ma è possibile accennarne brevemente considerandoterritorio nel quale si inserisce, la Carnia.

Come accade in genere per le zone di confine, l'intera Carnia conobbe anche momenti e situazioni storiche peculiari, solo accennate o addirittura trascurate all'interno della storia generale. In tempi remoti ha origine la base etnica celto-carnica della popolazione.

I Celti abitavano fin dal secondo secolo a.c. l'area sud-occidentale della Germania, la valle del Reno e la Gallia settentrionale e nel corso del terzo secolo a.c. iniziarono le loro espansioni in ogni direzione. In tale ambito è importante ricordare che, essendo terra di transito, la Carnia dovette ospitare, assieme all'intero Friuli, in forma più o meno stabile, popolazioni diverse, e tra queste i Gallo-Carni che vennero sottomessi dai Romani.

Nacque così la "Carnorum Regio", la regione dei Carni (come scrive Plinio) che intratteneva da sempre legami con il Norico (l'odierna Carinzia).
Fin dall'800 a.c. l'alta Carnia è stata contrassegnata da insediamenti stanziali creatisi grazie allo sfruttamento delle miniere di cui era ricco il territorio.

Lo sfruttamento delle miniere del Monte Avanza, caratterizzate da minerali ricchi di argento e rame, richiese una percorrenza di transito stabile e determinò le alterne fortune di Forni Avoltri.

L'abitato di Avoltri, più antico di Forni, rappresentava uno snodo importante per l'accesso al Norico attraverso il Passo Veranis da un lato e all'attuale Veneto attraverso il Passo di Sappada dall'altro. In questo sito esisteva già in epoca patriarcale un luogo destinato al pedaggio doganale per chiunque vi avesse voluto introdurre merci destinate alla vendita.
Esistono documenti che testimoniano la presenza delle attuali frazioni allora conosciute come Ville. Attraverso alcuni passaggi alpini nei pressi di Collina, molti abitanti del paese si recavano oltralpe per apprendere nuovi mestieri o per scambi commerciali: erano i "cramârs i quali trasportavano a spalla merci di ogni tipo con un mobiletto di legno composto di cassetti a più piani (la crascegno).

Durante il primo conflitto mondiale la Zona Carnia, ove erano dislocati 31 battaglioni, aveva un'importanza strategica nel quadro generale del fronte, in quanto rappresentava l'anello di congiunzione tra le armate schierate in Cadore alla sinistra, e quelle delle prealpi Giulie e Carso sulla destra.
Costituiva quindi un importante difesa delle maggiori direttrici di movimento del nemico: quelle del Passo di Monte Croce Carnico e del Fella.

La linea del fronte comprendeva anche il territorio di Forni Avoltri colpito più volte da bombardamenti.
Anche la popolazione fu coinvolta nella guerra: oltre alle truppe un ruolo importantissimo venne ricoperto dalle portatrici carniche che avevano ereditato dal loro passato l'abitudine alla fatica. Abituate da secoli per l'estrema povertà di queste zone ad indossare la "gerla", il simbolo della donna carnica, ora la mettevano sulle spalle al servizio del Paese in guerra. Fino ad allora l'avevano caricata di granturco, fieno, legna, patate e tutto ciò che poteva servire alla casa e alla stalla. In questa situazione invece la gerla era carica di granate, cartucce, viveri e altro materiale per le truppe in prima linea.

Nel corso del secondo conflitto mondiale, anche Forni Avoltri, dopo l'armistizio dell'otto settembre, entrò a far parte della Repubblica libera della Carnia istituita nel marzo del 1944 fino all'invasione delle truppe naziste che nell'ottobre dello stesso anno occuparono la Carnia.
Stanziandovi in un secondo momento i loro alleati "cosacchi" che entrano nelle case del paese, vivendo a spese delle famiglie già duramente provate dal periodo di guerra.
La presenza di formazioni partigiane, presenti fino alla liberazione, indusse i tedeschi ad attuare varie spedizioni di rastrellamento e punitive e diversi abitanti finirono nei campi di concentramento nazisti.

Un altro tragico evento da ricordare nella storia di Forni Avoltri è la disastrosa alluvione del novembre 1966 che provocò la morte di sette persone, tra cui l'allora sindaco Riccardo Romanin, oltre a causare danni ingenti al territorio.

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